E’ il fiore della persona disperata, rassegnata, senza speranza e che non ha più la volontà di migliorare. Appartiene a questa tipologia il soggetto affetto da una malattia cronica, che ha già sperimentato varie terapie senza successo e che spesso è stato informato dal medico che difficilmente si potrà trovare una cura definitiva per ciò che lo affligge.
Il paziente, nella fase Gorse, non vuole più “curarsi” e se accetta ancora qualche nuovo medicamento lo fa più per compiacere i suoi famigliari che per una sua reale convinzione di riuscita.
Questo atteggiamento mentale negativo comporta, da una parte, una più facile aggressione della patologia sul corpo e, dall’altra, una sorta di resistenza passiva alla guarigione. Il soggetto pensa, a volte, puerilmente, che un intervento esterno possa capovolgere la situazione senza voler riconoscere che solo dall’interno, solo da se stesso si può ottenere il cambiamento.
E’ un rifiuto passivo del proprio destino che genera il conflitto interiormente e spezza la possibilità di guarigione, di miglioramento o di accettazione non disperata del proprio stato.
L’aspetto esteriore di questa persona è di chi non “ vede il sole” da tempo: pallida, con profonde occhiaie nerastre, curvata sulla sua apatia e sul suo senso di solitudine.
Il fiore aiuta a ricreare dall’interno forza e fiducia, che non significa necessariamente “la guarigione” ma sicuramente un’aspettativa di vita migliore, un ottimismo che la spinge a pensare che la sofferenza l’aiuterà ad imparare senza bisogno di lamentarsi o disperarsi.
Nei casi di malattie croniche questa disposizione genera proprio il regresso della patologia. In situazioni incurabili l’accettazione del proprio destino permette di vivere la malattia con la serenità necessaria per non cedere mai il passo alla disperazione.